Ho scelto per tanti motivi di allontanarmi dai social per qualche tempo. Aranzulla mi ha dato una mano a capire come disattivare il proprio profilo Instagram e via: chiusa a chiave per un po’ la finestra sul mondo che 6 anni fa ho scelto di spalancare. È stata una scelta molto sofferta, ma l’ossessione da notifiche stava diventando una malattia. Sentivo di stare perdendo pezzi essenziali della mia vita perché troppo impegnata a riflettermi in faccia la luce forte dello schermo del mio iPhone. Durante i primi giorni mi sono sentita libera: in meno di 24h ho letto libri, dipinto, scritto su carta, ascoltato album a ripetizione ed ho pianto accorgendomi di quanto della nostra anima questi strumenti riescano a risucchiare. Trascorsi i primi giorni di condizione di libertà, mi sono imbattuta in sentimenti che non provavo da tempo e che pensavo di aver accantonato perché ormai ampiamente uscita dal terribile tunnel dell’adolescenza: la signora Noia e sua maestà la Solitudine. Quando non sapete proprio che fare, quando la testa è stanca per apprendere ciò che state studiando, quando avete riordinato persino l’ordine, quando avete letto tutti i libri che vi attendevano immobili nella libreria, quando siete usciti e poi tornati a casa, quando nessuno vi scrive (a onore del vero mi tocca ammettere che alcune persone mi hanno cercata per capire che fine avessi fatto, se stessi bene. Se sparisce il tuo avatar forse sei morto.) e voi -per non sembrare poveri stalker- non scrivete a nessuno, rimanete soli con voi stessi. Noia e solitudine. E tutto quel bel castello di apprezzamento ed autostima che nel tempo i like, i commenti, i messaggi privati pieni di ammirazione vi hanno aiutato a costruire va in frantumi. Briciole.
La noia e la solitudine di fatto sono condizioni imprescindibili per chi fa qualcosa di creativo. L’ispirazione sta tutta lì. Io ho più che altro avvertito ansia. L’idea per qualche torta mi è anche venuta, ma di quei momenti ho soprattutto in mente la sensazione di occlusione. Claustrofobia. Impossibilità di fuggire dal posto in cui stavo. Ed alla fine ho capito dove sta il problema: non sappiamo più che siano il qui e l’ora. Non sappiamo più stare al nostro posto con tutte le nostre cellule, tutti i nostri organi cuore e cervello inclusi. Siamo a casa eppure abbiamo la smania di andare a vedere che faceva ieri pomeriggio la Ferragni a Los Angeles. È tutto eterno perché male che ci vada resta online per 24h, altrimenti resta online per sempre. E si perde la bellezza dell’attimo. Di quello che vivi soltanto tu, per un istante in quel posto lì con le persone con cui ti trovi senza che nessuno fuorché i presenti lo sappia. “Sorridendo ti verrà da piangere/ a pensare quante volte nei momenti d’oro/ stavi pensando ad altro/ in un altro luogo con un altro tempo” canta Jovanotti in una sua nuova canzone. Non ci piace il posto in cui stiamo? Ci imbarazza la situazione in cui ci troviamo? Ci infastidisce la gente che abbiamo attorno? E via a scorrere il dito inghiottendo immagini di cui potremmo serenamente fare a meno. E siamo maledettamente curiosi. E siamo maledettamente esibizionisti. Instagram non più come mezzo per trasmettere il bello, ma come fine ultimo per ottenere pioggia di cuoricini. Ma voi lo sapete che ricevere una notifica produce lo stesso piacere cerebrale del cioccolato? Voi lo sapete che io in questi venti giorni mi sono sfondata di cioccolata? E sebbene Instagram mi abbia aiutato ad accantonare le mie insicurezze, sono diventata anche un po’ più antipatica. E allora forse era meglio tenermelo qualche timore in più.
Poi è finito il ciclo (questa idea della disattivazione dei profili l’ho chiaramente partorita in fase premestruale), è passata la depressione ed ho capito che condividere è comunque tra le cose più belle di questo pianeta. E che fare rete abbattendo distanze temporali e geografiche è il più grande miracolo che questa nostra epoca potesse regalarci. Però stiamo tutti molto calmi. Ché la vita scorre anche senza cellulare in mano. Che annoiarsi e sentirsi soli ci fortifica molto più di un commento gentile. Dosiamo ciò che condividiamo. Filtriamo i contenuti che scegliamo di buttare nell’etere e quelli che scegliamo di recepire. Rendiamo pubblico solo ciò che davvero vale la pena sia tale. Impariamo il lusso del “tenere per sè” per il bene nostro (chè domani custodiremo ricordi preziosissimi) e per il bene comune (dobbiamo rieducarci tutti ad essere meno impiccioni).
Analogico è la parola che ho scelto di abbinare al mio 2018. Di tanto in tanto chiuderò questa porta, di tanto in tanto lascerò entrare i miei ospiti. Avere successo su questa piattaforma dove la gente si fa la guerra e compra followers per sembrare meglio (di chi? cosa si vince? E poi questa è un’altra storia…) non fa per me. Catturare ogni tanto il bello, raccontare il buono, invece, può essere divertente. Ma è un gioco. Il mio posto nel mondo, la mia occupazione, la mia identità sono altro. I social mi sono utili soltanto per comunicarli a chi è lontano.
Bentrovati,
Elena
Qui una playlist spotify dal titolo “Elementou Umano” perché ritrovare umanità in questo mondo digitale è tutto ciò di cui abbiamo bisogno: PLAYLIST QUI